GIRI 義理 – un dovere per l’allievo un obbligo per il maestro
- Il diritto giapponese Nasce con gli editti di riforma di Taika, un insieme di provvedimenti legislativi promulgati in Giappone nel 645 che istituiscono uno stato accentrato intorno alla figura dell’imperatore, considerato al di sopra delle leggi e sottoposto solo alla legge naturale immutabile. Il diritto è inteso come l’osservanza delle regole sociali, raccolte in compilazioni giuridiche articolate in “ritsu” (regole repressive) e “ryo” (regole amministrative). Le regole sono applicate da funzionari preparati in apposite scuole.
La progressiva erosione del potere centrale a favore dei governatori locali e il rafforzamento della casta dei vassalli guerrieri porta alla regola principale della fedeltà assoluta al signore, mentre le regole repressive sono applicate nei confronti dei contadini.
L’adozione del Confucianesimo come dottrina sociale e giuridica ufficiale nel XVI secolo comporta un sistema imperniato sulla separazione netta dei ranghi sociali.
Nel XVIII secolo si verifica un nuovo accentramento dell’attività giurisdizionale. Viene applicato il “giri”, insieme di regole non scritte derivanti dalla tradizione, ovvero una serie di consuetudini applicate dai giudici nei rapporti familiari o di lavoro e nei negozi.
il termine ‘giri’ giapponese definisce quindi un obbligo, dovere, fedeltà, nelle arti marziali il sentirsi in dovere di fare qualsiasi cosa spesso solo per aiutare Sensei, per aiutare il dojo, e per trovare piccoli modi di far capire che si è veramente grati per tutto quello che il dojo ed il maestro condividono con l’allievo.
Di seguito un pezzo affascinante e che dovrebbe riportare con i piedi per terra allievi e maestri, segnalatomi dal maestro Francesco Cubello e tradotto dal blog
http://iogkfitalia.blogspot.it/2014/04/giri-lautentico-legame-tra-maestro-ed.html?m=1
GIRI 義理: Credo che anche senza essere istruiti sui dettagli del giri, ogni karateka serio di buon carattere è attratto dalla pratica come una farfalla da una fiamma. E sebbene il concetto di giri possa essere insegnato e giustificato ad un livello razionale, il praticante deve sentire il desiderio senza il bisogno di una giustificazione razionale per viverlo autenticamente. Abbastanza semplice, per me come allievo, avere un debito di riconoscenza per il mio Maestro per tutto quello che ha fatto. In cambio, cerco di ripagare quel debito mostrando la mia fedeltà nel fare tutto ciò che posso per aiutare il mio Maestro, e il dojo.
Il lato che più si dimentica del Giri, è che è sempre reciproco.
Quando l’allievo tenta di restituire il debito di riconoscenza verso il Maestro attraverso diversi modi di sforzo personale, allora quel Maestro sentirà spesso il dovere di condividere ancora di più con il suo devoto allievo come ricompensa per la sua fedeltà. E il ciclo continua.
Quando un allievo sacrifica tempo, soldi, o si affatica per il suo Maestro, questo sarà sempre riconosciuto e apprezzato. Qualche volta, è qualcosa di semplice come essere riconosciuto ed invitato a pranzo da Sensei il Sabato. Negli anni che ho vissuto e mi sono allenato a Okinawa, il tempo trascorso nel dojo ad imparare e a praticare sarà sempre di incalcolabile valore, ma il tempo privato -quelle centinaia di ore che ho avuto col mio Sensei- rimarranno impressi nel mio cuore per sempre.
G.Parker
Gli allievi, innaffiati come piantine, assorbono le tecniche e diventano devoti alle parole del Sensei. Fanno un atto di fede nelle parole del Maestro come insegnante ma soprattutto come persona. Tuttavia hanno una propria personalità e cresceranno come marzialisti e come persone analizzando anche la morale impartita da un Maestro.
Il GIRI è reciproco, un rapporto di stima e fiducia, senza omissioni, senza bugie, senza doppi fini, in estrema sincerità.
L’allievo è grato al Maestro e altrettanto è in dovere di fare il Maestro, con l’allievo.
Buon Allenamento.