Le donne Samurai
Onna bugeisha – Le donne Samurai
Letteralmente Onna-bugeisha significa “Artista marziale femminile”, una donna guerriera generalmente appartenente alla nobiltà giapponese. Molte di queste donne potevano partecipare alle battaglie, comunemente accanto agli uomini samurai. Erano membri della classe dei bushi nel Giappone feudale e venivano addestrate all’uso delle armi per proteggere la loro casa, la famiglia e l’onore in tempo di guerra. Alcune delle più importanti icone di Onna-Bugeisha passate alla storia sono :
Tomoe Gozen
Servitrice di Minamoto no Yoshinaka (clan Minamoto), Tomoe lo assistette e aiutò nella difesa contro le truppe del cugino Minamoto no Yoritomo. Durante la battaglia di Awazu, svoltasi il 21 febbraio 1184, ella guidò le truppe tra le fila nemiche, gettandosi sul loro guerriero più forte, disarcionandolo e decapitandolo.
di seguito un brano tratto da “La storia segreta dei samurai” di Jonathan Clements
« Con la sua pelle diafana, i lunghi capelli e il volto aggraziato, Tomoe era la più bella. Era anche un arciere forte e un soldato vigoroso, in sella o a piedi, adatta ad affrontare un demone o un dio, valeva quanto mille guerrieri. Aveva una tattica superba nel rompere le righe di cavalli selvaggi, non temeva le discese accidentate. Nelle prime fasi della battaglia, Yoshinaka la inviava come primo capitano in armatura pesante, con una grande spada e un potente arco. Al suo nome era associata maggiore gloria che a qualsiasi altro guerriero. E quando tutti erano ormai periti o scappati, lei era rimasta fra gli ultimi sette cavalieri.
Ōhōri Tsuruhime
Fu la terza figlia di Ōhōri Yasumochi, sacerdote capo del santuario di Ōyamazumi, sull’isola di Ōmishima a circa 30 miglia a sudest di Hiroshima.
Quando Tsuruhime era quindicenne suo padre morì di malattia, così ereditò la carica di sacerdote capo del santuario, dedicato a più divinità shintoiste e spiriti che proteggevano marinai e soldati, ma sfortunatamente non protessero dall’invasione. Aveva studiato fin da bambina le arti marziali e, quando arrivò il momento, Tsuruhime assunse la responsabilità della difesa dell’isola, dichiarando di essere un’incarnazione divina di Mishima Myojin, uno degli spiriti che abitavano il santuario dell’isola. Guidò l’esercito in battaglia e respinse nuovamente gli avversari in mare nel 1541.
Quattro mesi dopo gli invasori ritornarono e un generale avversario fu attaccato di sorpresa da Tsuruhime e da quest’ultima ucciso.
Due anni più tardi, nel 1543, quando Tsuruhime era diciasettenne, fu ancora in battaglia con lo stesso avversario. La leggenda narra che il fidanzato di Tsuruhime, probabilmente un ragazzo simpatico che amava accarezzare i gatti e parlare di femminismo, fu ucciso in azione e alla notizia della sua morte ella fu sopraffatta dal dolore sino a commettere suicidio annegandosi. Morì romanticamente in giovane età, anche se non ci sono documenti che descrivano tale evento. Si racconta che la sua armatura si trovi presso il santuario di Ōyamazumi. Le sue ultime parole furono:
« Con l’oceano di Mishima come testimone, il mio amore sarà inciso con il mio nome. »
Nakano Takeko
Era di bell’aspetto, ben educata e proveniva da una famiglia di samurai molto potente. Ricevette una completa formazione nelle arti marziali e amava leggere le tante storie di donne guerriere, generali e imperatrici giapponesi. La leggenda di Tomoe Gozen la colpì profondamente.
La sua certificazione (menkyo) era in Hasso-Shoken, un ramo della maggiore tradizione Itto-ryu, una scuola tradizionale di kenjutsu,
La sua figura marziale in battaglia è legata agli anni tra il 1868 e 1869, le cui vicende belliche videro contrapporsi, due avverse fazioni: i fedelissimi sostenitori dello shogunato Tokugawa e i fautori della restaurazione dell’imperatore Meiji.
Durante il conflitto, Nakano Takeko si adoperò in difesa dello shogun Tokugawa Yoshinobu ed ebbe parte nella battaglia di Aizu, nella quale si distinse combattendo all’arma bianca, brandendo un naginata (vedi articolo). Nello scontro fu a capo di un gruppo di donne guerriere, comprese sua madre e sua sorella. Il gruppo, attraverso pioggia e nevischio, andava in battaglia in modo autonomo e indipendente, dal momento che gli antichi funzionari di Aizu, non permettevano loro di combattere come parte dell’esercito in modo ufficiale . A questa unità femminile fu poi dato, in modo retroattivo, il nome di esercito femminile (娘子隊 Jōshita).
A Fukushima, la mattina presto il gruppo scagliò una carica all’arma bianca contro le armi da fuoco delle truppe dell’esercito imperiale giapponese. Quando gli avversari si resero conto, con sorpresa, che si trattava di donne soldato, fu impartito subito l’ordine di trattenere il fuoco per non ucciderle. Questa esitazione permise alle guerriere di avvicinarsi ai nemici e affrontarli all’arma bianca. Ne caddero uccisi parecchi, prima che il fuoco riprendesse. Il nemico era impressionato dalla furia letale del piccolo esercito femminile. La stessa Nakano Takeko ne uccise cinque o sei a colpi di naginata prima di soccombere, colpita a morte al torace da un colpo di fucile che sarebbe stato per lei fatale. Morente, piuttosto che lasciare il nemico impossessarsi del suo cadavere per farne scempio, mozzandole il capo per servirsene come trofeo di guerra, chiese a sua sorella Yūko di decapitarla per impedirne la cattura e darle onorevole sepoltura. Yūko richiese l’assistenza di un soldato per la decapitazione. Dopo la battaglia, la testa di Nakano Takeko, staccata dal corpo, fu seppellita con onore sotto un albero di pino.
Le donne che abbiamo incontrato nelle arti marziali sono semplicemente precise, composte, determinate, tenaci ed eleganti.
Le arti marziali ne hanno bisogno e loro, al pari degli uomini, hanno bisogno delle arti marziali.
Buon allenamento.