DAIDO-JUKU KARATE
Daido Juku (o Daidojuku)
Oggi conosciuto come Kudo è un’arte marziale ibrida fondata nel 1981 da Azuma Takashi. Daidojuku, tradotto dal giapponese, dovrebbe essere “la grande via” spesso interpretato come “la via della mente aperta” e dal punto di vista pratico è la combinazione di diversi stili fusi per ottenere come risultato un combattimento il più possibile realistico.
Azuma Takashi nasce nella prefettura di Miyagi il 22 maggio 1949, dopo la scuola di perfezionamento è stato reclutato per la forza di difesa nazionale giapponese ed ha studiato filosofia. Inizia a 16 anni la pratica del judo ed all’età di 21 anni inizia a praticare il full contact karate Kyokushinkai, sotto la guida del maestro Masutatsu Ōyama, ottenendo più avanti degli ottimi risultati. Nel 1981 si distacca all’organizzazione dal Kyokushinkai, per fondare un nuovo stile di combattimento, più realistico oppure se vogliamo più completo, in cui fossero presenti ulteriori tecniche non permesse durante lo sparring o le gare di full contact karate.
Pertanto il fondatore, nel 1981, già Yondan di Kyokushin e Sandan di Judo intuì, come già fece nel 1932 il maestro Masaru Muneomi Sawayama con il Nippon Kempo, il potenziale di un’arte marziale ibrida che non determina gli stretti confini di un singolo stile ma utilizza tecniche diverse anche di altre arti marziali. Viene subito dimostrata questa caratteristica di “open-mind” dello stile in quanto all’inizio erano implementate solo le tecniche di Karate e Judo, qualche anno più tardi a metà degli anni 80 si iniziarono ad includere nello stile anche tecniche di Jujutsu, Wresting e Muay Thai, tutte fuse insieme nel DaidoJuku.
La ricerca di un combattimento realistico vide l’introduzione nello stile di tecniche offensive e difensive spesso ritenute (ingiustamente) “non eleganti” o viste dai più come difesa personale e non come tecnica di un kumite agonistico. In particolare furono introdotti pugni “a contatto” al viso, testate, gomitate e tecniche di combattimento a terra.
Il Karate Daidojuku, così fu inizialmente conosciuto e fece il suo debutto presso il Hokutoki Karate Championship 1981.
È quindi uno sport di Budo misto che comprende pugni a contatto, calci, proiezioni e tecniche di sottomissione a terra. Ha chiaramente le sue origini nel Karate Kakuto (da combattimento), ma non si tratta solo di un combattimento misto con enfasi sul lato della competizione. È un’arte marziale molto orientata all’aspetto sportivo, ma anche un sistema per l’educazione dei giovani, un metodo di autodifesa che strizza l’occhio anche al mantenimento della salute per gli adulti. Insieme a questi elementi è presente anche il “Reigi” o rispetto e l’etichetta nella sua tradizione marziale. In questo senso è un “Budo moderno” che si è già diffuso in oltre 60 paesi in tutto il mondo.
Riepilogando, nel 1981, il Gran Maestro Takashi Azuma anche chiamato “Jukucho” creò il “Karatedo Daido Juku” nella città di Sendai, nella prefettura di Miyagi. L’obiettivo iniziale dello stile, oltre alla realisticità del combattimento era paradossalmente l’introduzione di una forma sicura di “Kakuto Karate” resa tale nella pratica dall’introduzione della Super Safe Face Protector nei combattimenti il cui uso era volto a evitare traumi negli attacchi alla testa. Per fare un parallelo una protezione viso quasi al pari della protezione già usata nel Nippon Kempo (un casco aperto con grata in acciaio) ma più leggera da indossare (un casco chiuso in plexiglass). La protezione del viso nota anche come N.H.G. Ku (Neo Head gear Ku) è parte integrante del Kudo insieme alla conchiglia integrale, al paradenti ed ai guantini per le mani che lasciano scoperte le dita per permettere le prese. Negli ultimi anni il Kudo è per certi versi diventata un’organizzazione particolarmente proficua anche grazie al boom delle arti marziali miste in Giappone.
Attualmente il maestro Takashi Azuma è terzo dan di judo, ottavo dan di karate kyokushinkai e dal 2013 è nono dan di Kudo Daido Juku, la più grande onorificenza mai raggiunta. Lo stile segue l’ideale del Maestro Azuma che grazie probabilmente ad una preparazione filosofica accompagnata da quella marziale vede il “Budo come educazione fisica sociale”, con l’obiettivo di fornire uno strumento per l’educazione della gioventù e per l’auto-realizzazione degli adulti.
Nel 1983 fu aperta la Filiale di Tokyo seguita dalla Filiale di Osaka nel 1985. Nel 1986 la sede dell’organizzazione fu trasferita a Tokyo, e furono aperte altre filiali regionali, come Hokkaido, Sendai, Nagoya, Hiroshima, Fukuoka, ecc.
Nel 1993 Daido Juku iniziò la sua attività di diffusione internazionale a partire dall’apertura di una filiale a Vladivostok, in Russia. Di conseguenza, nel 1995 l’organizzazione cambiò il suo nome in “Kakuto Karate International Federation Daido Juku”.
Il primo Campionato del Mondo fu tenuto nel 2001 e data la varietà di tecniche non convenzionali rispetto ad un classico stile di Karate, proprio nel 2001 Azuma durante un’intervista rinominò lo stile inquadrandolo come un’arte marziale basata sulla filosofia del Budo, il cui nuovo nome di battesimo sarà da quel momento in poi “Kudo International Federation Daido Juku”, introducendo il nome “Kudo” come arti marziali miste praticato indossando il tradizionale “gi” (abbigliamento di arti marziali con pantaloni e giacca).
C’è stata una risposta travolgente al primo campionato del mondo con oltre 20 nazioni che hanno partecipato ai Campionati del di Hokutoki 1 ° Kudo. Più di 40 nazioni hanno partecipato ai Campionati del mondo di Hokutoki 2 °.
Il Campionato del Mondo di Kudo nel 2013 ha portato il riconoscimento da parte delle autorità giapponesi di questa arte come uno dei budo (“Nippon Budo”) che perseguono sia lo sviluppo fisico che spirituale e che includono nella loro pratica l’etichetta e l’etica tipica delle arti marziali giapponesi.
La federazione Internazionale Kudo Daido Juku ha oltre 100 filiali nazionali in Giappone e filiali internazionali in oltre 60 paesi in tutto il mondo. Il numero sembra in continua a crescita.
In sintesi, il Kudo può essere definita una “mixed martial art budo” il cui successo è probabilmente dovuto alla sua realisticità ma anche alla sua riconoscibilità durante la pratica che, attraverso l’uso del casco NHG (Neo Head Gear), permette di ricevere colpi proteggendo il viso dell’atleta e al tempo stesso ne contraddistingue in modo originale lo stile di combattimento. Dal punto di vista generale si allenano le tecniche base (Khion) a vuoto e con uso di colpitori e sacchi, tecniche predeterminate in coppia (Yakusoku kumite) e combattimento senza schemi predeterminati (Kumite). Anche a livello agonistico si tratta di uno sport sulla carta adatto ad ogni tipo di pubblico (inclusi bambini e donne) tuttavia possiamo credere che sia riservato ad allievi (o allieve) ben motivati/e poiché le tecniche utilizzate dal Kudo coprono una gamma molto ampia, l’assiduità e la perseveranza sono probabilmente due requisiti indispensabili per chi desidera praticare questa arte marziale.
Concludiamo con un breve aneddoto, era da tempo che volevamo scrivere un articolo su questa disciplina (in fondo ci piace il pieno contatto) e la spinta ci è venuta dopo aver letto di recente in un libro intitolato “La Killer senza Nome” di Patrizia Calamia, la citazione di questo stile, in un capitolo denominato “addestramento sulla montagna” che descrive in questo modo il Kudo :
“Al rientro dal riscaldamento ci si dedicava alle tecniche di difesa e combattimento. Dopo i primi giorni Mila smise di contare i lividi, tagli e colpi : essere doloranti divenne una condizione normale.
La ragazza apprezzava in modo particolare un insegnante giapponese che li istruiva su una nuova e strana disciplina di cui era uno dei massimi esponenti nel suo paese.
- il daidojuki, comprende tecniche di judo, karate, boxe, muay thai, jujutsu e altre tutte fuse insieme e concentrate sull’obiettivo di aggredire e difendersi. Non ci sono colpi ammessi e le regole che ci daremo saranno valide sono qui, negli allenamenti, per non farsi troppo male. Fuori di qui il vostro obiettivo sarà restare vivi e uccidere. Mila era atleticamente preparata e molto portata per lo sport, fin da piccola si era dedicata a livello agonistico con buoni risultati. Nel periodo di rottura con suo padre aveva trovato nello sport la valvola di sfogo della sua rabbia. Da questo punto di vista, il daidojuku era pane per i suoi denti. Vi si dedicava con un impegno che sfiorava l’accanimento……“
Buon allenamento estivo !